lunedì 5 aprile 2010

L'Athenaion di Castro. Fu il Salento l’approdo di Enea in Italia

L’appassionante scoperta archeologica a Castro di un santuario, molto probabilmente dedicato ad Atena, è stata raccontata nel volume curato da Francesco D’Andria, docente di archeologia e direttore della scuola di specializzazione in archeologia classica e medievale all’università di Lecce, Castrum Minervae (Congedo, Galatina 2009, pp. 300, euro 35). Il libro raccoglie i risultati degli scavi compiuti nel 2007 e 2008 che suscitarono ampio interesse nazionale e internazionale: oltre alle riviste scientifiche, se ne occupò anche The Independent con un’intera pagina (« In the steps of a Trojan hero », 27 aprile 2007). 
 
Di probabile origine cretese o greca, popolata dai Messapi per testimonianze che risalgono all’VIII secolo a.C., la fortezza di Castro divenne colonia romana nel 123 a.C. col nome di Castrum Minervae, toponimo derivato dal tempio in onore di Pallade Atena, per i greci, quella che era la dea Minerva per i romani. Ne parlò anche Virgilio nel III libro dell’Eneide, termine finale di una tradizione letteraria che identificava in questo luogo l’approdo di Enea in Italia: «Il porto si curva in arco contro il mare d’oriente, due promontori schiumano sotto l’urto delle onde e il porto vi sta nascosto; gli scogli come torri proiettano due braccia che sembrano muraglie; il tempio è lassù in alto, ben lontano dal mare».
 
La questione dello sbarco dell’eroe troiano è sempre stata dibattuta, sin da epoca umanista, dai letterati salentini, con il luogo dell’arrivo identificato anche in Porto Badisco o Roca Vecchia. Oggi la corrispondenza tra fonti letterarie, dati topografici e nuove scoperte archeologiche, sembra accreditare in modo quasi definitivo l’ipotesi di Castro. «L’impianto di un santuario di Atena a Castro - dice D’Andria - va collegato a tradizioni antiche, adombrate nel mito di fondazione da parte di Idomeneo, e certamente i materiali del VI secolo a.C. si riferiscono ad una frequentazione cultuale già in età arcaica. L’intensificarsi della frequentazione corrisponde al IV e III secolo a.C. e si lega al mondo della Magna Grecia». Gli scavi compiuti nel 2007 riguardarono la zona sud-orientale della cittadina, dalla parte del mare, nelle località Capanne e Muraglie, a ridosso dei resti delle mura messapiche risalenti alla seconda metà del IV secolo a.C. Qui furono rinvenuti frammenti di ceramiche a forme aperte, coppette ad ansa unica, boccali decorati a cerchi concentrici sul fondo e verniciati sull’orlo, che chiaramente sono da collegare a pratiche di libagione. Furono anche ritrovati resti ossei di astragali e ovicaprini, con parti asportate e abrase, indice di pratiche religiose, come la macellazione, la combustione e l’età giovanile degli animali scelti per i sacrifici. 

Emersero contemporaneamente cocci di ceramiche da fuoco, pentole con l’orlo ripiegato all’esterno, che provano un consumo di pasti rituali, così come sono state ritrovate parti di trozzelle provenienti da altre città messapiche, testimonianze di una frequentazione regionale del luogo di culto. Il carattere religioso dell’area sarebbe confermato dagli oggetti in ferro rintracciati, punte di freccia e di lancia, armi che rimandano al culto di Atena come in altri siti siciliani e della Magna Grecia dedicati alla dea. È dunque certo che tutta la fascia sud-orientale dell’abitato sia interessata da depositi di carattere votivo per un’area di almeno 35 metri, che corrisponderebbe, nell’insediamento antico, ad un «Athenaion» aperto alla vista del mare e del porto. Pezzi di vasi in marmo, di una statua femminile in calcare a grandezza naturale, il triglifo di un frontone appartenente ad un tempio ne sarebbero ulteriore garanzia. Ma la svolta definitiva è avvenuta nel maggio del 2008, quando gli archeologi Amedeo Galati e Emanuele Ciullo trovarono una statuetta bronzea di Atena Iliaca con elmo frigio. Questa statua ha le stesse caratteristiche di due bronzetti scoperti nel santuario di Atena a Sparta, con una simile postura della gamba sinistra flessa all’indietro, e con indosso il peplo e l’elmo a calotta. Anche il movimento delle braccia richiama gli esemplari spartani che nella destra reggono una «phiale» e nella sinistra una lancia: i tre reperti corrispondono ad un modello statuario comune che è quello di Atena. Come scrisse una volta Strabone, «a Roma Atena viene chiamata Iliaca come se fosse venuta da Ilio».
 
L’«Athenaion» di Castro, oltre ad avvalorare l’importanza religiosa del luogo, attesta anche il significato geografico della sua collocazione, in rapporto alle rotte marine antiche lungo tutto il promontorio iapigio, che comprendeva la parte meridionale del Salento tra Otranto e Leuca. «Il culto di Atena - conclude D’Andria - dea della "metis", appare legato in tutto il Mediterraneo alla navigazione e ai luoghi sul mare che ne segnano punti di riferimento importanti, come i promontori e gli stretti. La presenza di Atena a Castro appare particolarmente significativa perché dall’acropoli si domina tutta la costa sino al capo di Leuca e nei giorni limpidi appaiono nitide le sagome dei monti Acrocerauni, sulla costa albanese. Siamo nel punto più stretto del canale di Otranto». Queste ricerche sono state possibili grazie ad una collaborazione iniziata dieci anni fa con un protocollo tra Comune, soprintendenza per i Beni Archeologici e università del Salento: è un esempio di buona pratica che dà la misura di quali risultati, di rilievo internazionale, sia possibile ottenere se le istituzioni sanno coordinarsi e puntare sulla cultura, cosa che alla fine ripaga sempre, anche in termini di marketing del territorio. Ora a Castro si sta lavorando all’itinerario ai piedi delle mura, attraverso gli orti terrazzati che circondano la cittadina, per ammirare i grandi blocchi costruiti dai Messapi. 


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